Il giardino

1. C’era una volta un bellissimo giardino. Il Signore del giardino aveva l’abitudine di farvi una passeggiata ogni giorno. Nel giardino c’era un bambù. Era il più bello di tutti gli alberi e il Signore lo amava più di tutte le altre piante. Un bel giorno il Signore gli si avvicinò e disse: “Caro bambù, ho bisogno di te “. Il bambù rispose: “O Signore, fa’ di me l’uso che vuoi”. “Bambù, per usarti devo abbatterti”. Il bambù fu spaventato: “No, per favore, non abbattermi!”. “Mio caro bambù” disse il Signore, “se non posso abbatterti non posso usarti. ” Nel giardino ci fu allora un gran silenzio. Lentamente il bambù chinò la sua testa meravigliosa. Poi sussurrò: “Signore, se non puoi usarmi senza abbattermi, fa’ di me quello che vuoi e abbattimi”. “Mio caro Bambù” disse il Signore “non solo devo abbatterti, ma anche tagliarti le foglie e i rami”. “O Signore, disse il bambù, lasciami almeno le mie foglie e i miei rami”. “Se non posso tagliarti non posso usarti”. Il bambù tremò e disse appena udibile: “Signore tagliali”. “Mio caro Bambù devo farti ancora di più. Devo spaccarti in due e strapparti il cuore. Se non posso fare questo non posso usarti”. Il bambù non poté più parlare e si chinò fino a terra. Così il Signore del giardino abbatté il bambù, tagliò i rami, levò le foglie, lo spaccò in due e ne estirpò il cuore. Poi portò il bambù alla fonte di acqua fresca vicino ai suoi campi inariditi. Là, delicatamente, il Signore depose l’amato bambù a terra: un’estremità del tronco la collegò alla fonte, l’altra la diresse verso il campo arido. La fonte dava l’acqua e l’acqua si riversava sul campo. Poi fu piantato il riso, la semenza crebbe e il tempo della sua raccolta venne. Così il meraviglioso bambù divenne una grande benedizione nella sua povertà e umiltà. Quando era ancora grande e bello, viveva e cresceva solo per se stesso. Nel suo stato povero e distrutto, era diventato invece un canale che il Signore usava per rendere fecondo il suo regno.

2. Un monaco, mentre meditava sulla riva di un ruscello, vide uno scorpione che, caduto in acqua, lottava disperatamente per stare a galla e sopravvivere. Il monaco, pieno di compassione, immerse la mano nell’acqua, afferrò lo scorpione lo pose in salvo sulla riva. Lo scorpione per ricompensa si voltò di scatto e lo punse provocandogli un forte dolore. Di nuovo lo scorpione cadde in acqua, e poi ancora una terza volta, ma il monaco continuò a metterlo in salvo, e lo scorpione tornò regolarmente a pungerlo, tanto che il monaco aveva ormai le lacrime agli occhi per il dolore. “Perché ti ostini ad aiutare quell’animale ingrato” gli disse un contadino che aveva assistito a tutta la scena. “Entrambi seguiamo la nostra natura – rispose il monaco – lui è fatto per pungere, e io sono fatto per essere misericordioso”.

3. C’era una volta un aquilone che era legato ad un filo sottile e volava e danzava nell’aria pilotato dalle mani esperte di un piccolo uomo. Un giorno sentì il desiderio di andare più in alto, di volare da solo, ma si accorse che quel filo glielo impediva e cominciò a sentirlo come una catena opprimente. Allora l’aquilone cominciò a dimenarsi così tanto che il filo si spezzò. E finalmente libero cominciò a volare da solo, sempre più in alto. Il piccolo uomo lo chiamava e supplicava di non andare troppo in alto, ma l’aquilone non ascoltava le sue parole. Improvvisamente il vento divenne più forte e cominciò a sbatterlo da ogni parte e trascinarlo in una folle corsa che lo fece precipitare in una grossa pozzanghera. L’aquilone sentì la carta rammollirsi e disfarsi lentamente e pensò: è la fine! Ma improvvisamente si sentì sollevato delicatamente da una mano familiare. Il piccolo uomo lo asciugò pazientemente, sistemò l’esile scheletro e lo legò di nuovo con quel piccolo filo. L’aquilone tornò a volare e danzare nel vento, e quel filo sottile non gli sembrò più una catena crudele ma un rifugio sicuro contro le avversità.

4. Il giovane rampollo di una famiglia agiata era arrivato alla vigilia della laurea. Tra i parenti e i conoscenti c’era l’abitudine, da parte dei genitori, di regalare un’automobile al neolaureato. Il giovane e il padre visitarono perciò i migliori autosaloni della città e alla fine trovarono l’auto perfetta. Il giovane era sicuro di trovarla scintillante e con il serbatoio pieno, davanti alla porta di casa il giorno della sospirata laurea. Enorme fu la sua delusione, quando, il giorno fatidico, il padre gli venne incontro sorridendo, ma… con un libro in mano. Una Bibbia. Il giovane scagliò via rabbiosamente il libro e da quel giorno non rivolse più la parola al padre. Dopo qualche mese trovò lavoro in una città lontana. Lo portò a casa la notizia della morte del padre. La notte del funerale, mentre rovistava tra le carte della scrivania del padre trovò la Bibbia che il padre gli aveva regalato. In preda ad un vago rimorso, soffiò via la polvere che si era posata sulla copertina del libro e lo aprì. Scoprì tra le pagine un assegno, datato il giorno della sua laurea e con l’importo esatto dell’automobile che aveva scelto.  Un libro sigillato, inutile e polveroso per molti. Eppure tra la sue pagine è celato ciò che da sempre desideriamo.

Da: “Annunziatine.it”