Il tuo nome è “SI”

 

AnnunciazioneLa settimana santa e la celebrazione dell’ottava di Pasqua ci hanno obbligato, quest’anno, a posticipare la solennità dell’Annunciazione del Signore, che troviamo nella piena luce della gioia pasquale. Il fatto che una simile festa, secondo le leggi e le consuetudini liturgiche, possa essere spostata ma non  possa in nessun modo cadere, è già un dato eloquente per comprendere quanto il mistero dell’incarnazione sia fondamentale per la nostra fede. Per tutta la settimana di Pasqua la liturgia ci ha fatto rileggere e meditare i racconti della risurrezione fino a ritrovarci, proprio ieri, ancora una volta, nei panni dell’Apostolo Tommaso chiamato a mettere la sua mano e il suo dito nel costato del Signore. Il mistero della risurrezione, lungi dal farci superare la mediazione della carne e del corpo, non fa che portarla al suo massimo splendore e al grado più alto di rivelazione. Nella festa di oggi viene evidenziato in modo forte il tema dell’obbedienza, ma si potrebbe dire, evocando don Milani, che l’obbedienza non è una virtù, bensì un atto di irrefrenabile amore spontaneo e amorosissimo, come spontaneo ed esplosivo è lo schiudersi delle gemme nell’incipiente primavera. La liturgia mette sulle labbra del Verbo, che accondiscende all’incarnazione, le parole del salmo: «Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto, non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato. Allora ho detto: ‘’Ecco, io vengo’’ »
(Sal 39,7). L’incarnazione non può essere letta come un atto di obbedienza mortificante, ma come una condivisione generosa, da parte del Verbo, di ciò che da sempre abita il cuore del Padre  e che si fa visibile, per mezzo dello Spirito, nella terra della nostra umanità.  Della terra, madre della nostra umanità, è oggi icona da contemplare e da amare Maria, la figlia divenuta madre. Questa donna si fa obbediente accoglienza, nel senso di una pienezza riconosciuta e accolta, piuttosto che nella linea di una rinuncia fine a se stessa. Come canta estasiato Proclo di Costantinopoli: « Oggi, il chicco di grano è deposto in una terra vergine e tutta la natura prepara i suoi doni per il bambino».
I profumi e i colori della Pasqua ci aiutano a cogliere ancora più profondamente la portata di quel  «segno» (Is 7,14) che è la carne del Verbo fatto uomo e che, per noi, ha sofferto la morte come luogo di rivelazione di un amore che non si lascia mai vincere dalla sfiducia e dall’egoismo. Contemplando il dono pasquale del Signore Gesù, possiamo intuire quale senso di accoglienza e di amor egli ha sentito nell’affacciarsi sul nostro mondo, accolto in un grembo come quello di Maria. Il  «SI» della Madre di Dio non solo ha reso possibile l’incarnazione del Verbo, ma è stato il primo passo della rivelazione di quell’obbedienza filiale del Cristo, nel cui dinamismo siamo chiamati a riformare e convertire, continuamente, la nostra vita perché ne sia una continuazione nella storia di ogni giorno e ogni alba sia così un’aurora di salvezza. Veramente  «nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37). Dall’incarnazione, alla passione fino alla resurrezione!

Signore Gesù, tu hai bussato al cuore di Maria per essere accolto tra gli uomini, dono e salvatore della storia e di ogni storia. E noi ti rendiamo lode per il suo «Eccomi», per quel «SI» di tua madre, luminoso e forte, che ti ha spalancato le porte del cuore e che ha dato vita alla divina avventura della tua incarnazione.
Quando l’accettare il disegno di Dio su di noi ci pare un’incomprensibile strada in salita, donaci di coglierne la divina trama nascosta nel quotidiano. Alleluia!

Fr Michael Davide monaco benedettino