Mese: Agosto 2012

Eccomi

ECCOMI, SONO LA SERVA DEL SIGNORE!

Per potere degnamente ed efficacemente servire, bisogna saper dominare se stessi, bisogna possedere le virtù che rendono possibile questo dominio».
In pratica bisogna essere persone libere e mature.
Buon giorno, Maria, serva fedele di Dio. Non è facile l’impegno che ti prendi rispondendo all’angelo: «Eccomi, sono la serva del Signore. Dio faccia con me come tu hai detto». Tu rinunci ad appartenere a te stessa pronta ad accettare tutto ciò che ti potrà accadere. Dove va a finire allora la tua personalità per cui, ti sei mostrata ragionevole e concreta, attiva e pienamente presente a te stessa? Forse che Dio vuole che abdichiamo a noi stessi, che ci annulliamo davanti a lui per servirlo? Nessuno, più di Dio, tiene alla nostra vera personalità. Egli ne è addirittura ambizioso. La sua gloria è l’uomo totalmente vivo, cioè la persona che si realizza, che raggiunge la sua pienezza di creatura libera e intelligente. Dio ci vuole adulti responsabili.
Giovanni Paolo II ci aiuta a capire come si concilia il servizio con la libertà affermando che
«il servire esige una tale maturità spirituale che bisogna definirlo un regnare.
Questo è il tuo caso, Maria. E noi ci sentiamo orgogliosi che tu ti affidi e ti doni a Dio con maturità responsabile, sia perché, con la tua assoluta dedizione e servizio accogli in te e ci doni il Salvatore; sia perché ci sentiamo coinvolti noi stessi nella tua risposta di accoglienza e di servizio a Dio.
Tu infatti sei chiamata e rispondi a Dio non solo a titolo personale ma anche a nome nostro. Nella tua risposta è inclusa, in qualche modo, anche la nostra.
E quando noi, ciascuno di noi, nella sua situazione di vita, dice «sì» a Dio, cioè lo serve facendo la sua volontà, ratifica il tuo «si». È come se aggiungesse la propria firma alla tua risposta. E allora succede che Dio viene in noi. «Il Verbo si fa carne e abita tra noi», e vive nella nostra vita. In questo modo si realizza la promessa di Gesù: «Chi fa la volontà del Padre mio è mio fratello, mia sorella, mia madre».
Insegnaci, o Maria, a fidarci totalmente di Dio e a servirlo con pienezza di cuore. Veramente, servire Dio è regnare. 

 (Lina Farronato fsp)

Maria di Nazareth

UNA PERSONALITÀ ECCEZIONALE

Buon giorno, Maria.

Oggi pensiamo con te a quel grande avvenimento che ha dato una svolta imprevedibile alla tua vita e a tutta la storia umana e ha fatto di te quella creatura unica, che tutte le generazioni avrebbero detto beata. Si tratta dell’annuncio dell’angelo, della richiesta che ti ha rivolto da parte di Dio, di diventare la Madre di Gesù. Ce ne parla Luca nel suo vangelo. (Lc 1.27-38)
È evidente che il fatto coglie di sorpresa anche te. Te, innanzitutto.Sebbene Luca lo narri con semplicità, l’avvenimento è così straordinario che non finisce di stupirci. Ma oggi siamo particolarmente colpiti dalla tua personalità, Maria. Come emerge dal racconto dell’annuncio, Tu sei giovanissima ancora. Ma ti dimostri molto matura. All’insolito saluto:
«Ave, o piena di grazia, il Signore è con te», ti turbi e ti interroghi su ciò che esso può significare. Non perdi la testa.
Neppure quando l’angelo ti fa la stupefacente proposta di diventare madre del Figlio di Dio.
Semplicemente chiedi come ciò è possibile, come, in pratica, devi fare, dal momento che sei cosciente di essere solo un’umile serva del Signore. E alla risposta dell’angelo dai la tua piena adesione:
«Eccomi! Sono la serva del Signore. Dio faccia con me come tu hai detto». Lo dici con tale semplicità e prontezza come solo tu puoi fare. Chiunque altra al tuo posto si esalterebbe. Magari, nel timore di perdere un’occasione così «unica», griderebbe subito:
«Sì, sì. Sono pronta. Molto bene .,.». Oppure si chiederebbe: «Sarà vero? È incredibile!
Forse Dio non si rende conto del peso di questa proposta. Aspettiamo un po’. Ci devo pensare. Sono ancora giovane, inesperta, impreparata …», Nessuna, Maria, conserverebbe il tuo autodominio e affronterebbe, come te, la situazione.
Ma tu credi davvero in Dio.
Sai bene che nulla a lui è impossibile. Per questo hai il coraggio di dire «sì». Un «sì» difficile, che ti mette in balia dell’Onnipotente. C’è da dire; «Ne hai di fede!»
Insegna anche a noi, Maria, che fidarci è vivere da persone intelligenti e libere che sanno dire «sì» a Dio, guardando coraggiosamente in faccia alla realtà. 

(Lina Farronato fsp)

 

Rinnovaci o Dio

Dio, rinnovaci il cuore ogni giorno
come rinnovi le fonti e il sole:
come la stella radiosa dell’alba
di nuova luce risplende ogni giorno.
Gente rinata dal suo battesimo,
la veste bianca di Cristo
indossate:
di umanità mai apparsa ancora
siate il segno,
l’annunzio glorioso.
O Trinità, misteriosa e beata,
noi ti lodiamo perchè ci donasti
la nuova aurora
che annunzia il tuo giorno,
Cristo, la gloria   di tutto il creato. Amen

(Turoldo)

CENTENARIO DELLA FAMIGLIA PAOLINA

II ANNO DI PREPARAZIONE AL CENTENARIO DELLA FAMIGLIA PAOLINA

20 Agosto 2012  San Bernardo, Abate e Dottore della Chiesa

Introduzione alla Celebrazione delle Lodi

“Il giorno di San Bernardo il 20 di Agosto di 1914 si apriva la Casa. Il disegno del Padre Celeste si è incarnato, confermato, diffuso, prendendo a mezzo le cose che non sono. Celebreremo con riconoscenza profonda questa data” (UCBS 8, 15 agosto 1924). È quanto afferma il Beato Alberione in ocasione del X° Anniversario della Fondazione Paolina: “San Bernardo aprì la porta e fa la sentinella”. E ne trova le immediate motivazioni apostoliche: … “Proprio sotto l’occhio del Santo Abate Dio faceva spuntare i religiosi della Buona Stampa… San Bernardo è il Dottore della vita religiosa: e gli operai della Buona Stampa debbono prima essere ricchi dello spirito religioso; San Bernardo è il santo, è il Dottore della Madonna, e Maria è la Madre di questa Casa; San Bernardo è colonna della Chiesa, Padre e Dottore, e la Buona Stampa è ministero ordinario della Chiesa. San Bernardo penetrò dello Spirito di Gesù Cristo tutta la vita del secolo e questa è la missione della Buona Stampa: Informare del santo Evangelo tutto l’uomo” San Bernardo fu percepito dal Beato Giacomo Alberione come faro di luce, ma anche “mente e cuore” del XII secolo: «Egli divenne nella mani del Signore come un fuoco ardente in mezzo ai suoi simile, un apostolo».
Con gratitudine e riconoscenza innalziamo a Dio il canto delle Lodi
Invitatorio:
Ant. Ti amerò, Signore, che sei la mia forza, il mio sostegno, il mio rifugio, il mio liberatore
Amo perché amo, amo per amare. Grande cosa è l’amore se si rifà al suo principio, se ricondotto alla sua origine, se riportato alla sua sorgente. Di là sempre prende alimento per continuare a scorrere.
L’amore è il solo tra tutti i moti dell’anima, tra i sentimenti e gli affetti, con cui la creatura possa corrispondere al Creatore, anche se non alla pari; l’unico con il quale possa contraccambiare il prossimo e, in questo caso, certo alla pari.
Quando Dio ama, altro non desidera che essere amato. Non per altro ama, se non per essere amato, sapendo che coloro che l’ameranno si beeranno di questo stesso amore. L’amore dello Sposo, anzi lo Sposo-amore cerca soltanto il ricambio dell’amore e la fedeltà. Sia perciò lecito all’amata di riamare. Perché la sposa, e la sposa dell’Amore non dovrebbe amare? Perché non dovrebbe essere amato l’Amore? Giustamente, rinunziando a tutti gli altri suoi affetti, attende tutta e solo all’Amore, ella che nel ricambiare l’amore mira a uguagliarlo. Si obietterà, però, che, anche se la sposa si sarà tutta trasformata nell’Amore, non potrà mai raggiungere il livello della fonte perenne dell’amore. E’ certo che non potranno mai essere equiparati l’amante e l’Amore, l’anima e il Verbo, la sposa e lo Sposo, il Creatore e la creatura. La sorgente, infatti, dà sempre molto più di quanto basti all’assetato.
Gloria al Padre
Introduzione alla Celebrazione dei Vespri
Al termine di questo giorno, riconoscenti al Signore per tutti i suoi benefici, ne invochiamo la benedizione perché il tempo di grazia che come Famiglia paolina ci viene donato accresca in tutti i suoi membri il desiderio e l’impegno di una conoscenza ed accoglienza sempre più viva e generosa del dono carismatico che ci è stato consegnato nella persona e nell’opera del Beato Giacomo Alberione e ci spinga ad essere nel mondo strumenti, docili ed efficaci, della salvezza del Signore. Ci guidi e ci sostenga il luminoso esempio e l’intercessione di San Bernardo.

da alberione.org

Il giardino

1. C’era una volta un bellissimo giardino. Il Signore del giardino aveva l’abitudine di farvi una passeggiata ogni giorno. Nel giardino c’era un bambù. Era il più bello di tutti gli alberi e il Signore lo amava più di tutte le altre piante. Un bel giorno il Signore gli si avvicinò e disse: “Caro bambù, ho bisogno di te “. Il bambù rispose: “O Signore, fa’ di me l’uso che vuoi”. “Bambù, per usarti devo abbatterti”. Il bambù fu spaventato: “No, per favore, non abbattermi!”. “Mio caro bambù” disse il Signore, “se non posso abbatterti non posso usarti. ” Nel giardino ci fu allora un gran silenzio. Lentamente il bambù chinò la sua testa meravigliosa. Poi sussurrò: “Signore, se non puoi usarmi senza abbattermi, fa’ di me quello che vuoi e abbattimi”. “Mio caro Bambù” disse il Signore “non solo devo abbatterti, ma anche tagliarti le foglie e i rami”. “O Signore, disse il bambù, lasciami almeno le mie foglie e i miei rami”. “Se non posso tagliarti non posso usarti”. Il bambù tremò e disse appena udibile: “Signore tagliali”. “Mio caro Bambù devo farti ancora di più. Devo spaccarti in due e strapparti il cuore. Se non posso fare questo non posso usarti”. Il bambù non poté più parlare e si chinò fino a terra. Così il Signore del giardino abbatté il bambù, tagliò i rami, levò le foglie, lo spaccò in due e ne estirpò il cuore. Poi portò il bambù alla fonte di acqua fresca vicino ai suoi campi inariditi. Là, delicatamente, il Signore depose l’amato bambù a terra: un’estremità del tronco la collegò alla fonte, l’altra la diresse verso il campo arido. La fonte dava l’acqua e l’acqua si riversava sul campo. Poi fu piantato il riso, la semenza crebbe e il tempo della sua raccolta venne. Così il meraviglioso bambù divenne una grande benedizione nella sua povertà e umiltà. Quando era ancora grande e bello, viveva e cresceva solo per se stesso. Nel suo stato povero e distrutto, era diventato invece un canale che il Signore usava per rendere fecondo il suo regno.

2. Un monaco, mentre meditava sulla riva di un ruscello, vide uno scorpione che, caduto in acqua, lottava disperatamente per stare a galla e sopravvivere. Il monaco, pieno di compassione, immerse la mano nell’acqua, afferrò lo scorpione lo pose in salvo sulla riva. Lo scorpione per ricompensa si voltò di scatto e lo punse provocandogli un forte dolore. Di nuovo lo scorpione cadde in acqua, e poi ancora una terza volta, ma il monaco continuò a metterlo in salvo, e lo scorpione tornò regolarmente a pungerlo, tanto che il monaco aveva ormai le lacrime agli occhi per il dolore. “Perché ti ostini ad aiutare quell’animale ingrato” gli disse un contadino che aveva assistito a tutta la scena. “Entrambi seguiamo la nostra natura – rispose il monaco – lui è fatto per pungere, e io sono fatto per essere misericordioso”.

3. C’era una volta un aquilone che era legato ad un filo sottile e volava e danzava nell’aria pilotato dalle mani esperte di un piccolo uomo. Un giorno sentì il desiderio di andare più in alto, di volare da solo, ma si accorse che quel filo glielo impediva e cominciò a sentirlo come una catena opprimente. Allora l’aquilone cominciò a dimenarsi così tanto che il filo si spezzò. E finalmente libero cominciò a volare da solo, sempre più in alto. Il piccolo uomo lo chiamava e supplicava di non andare troppo in alto, ma l’aquilone non ascoltava le sue parole. Improvvisamente il vento divenne più forte e cominciò a sbatterlo da ogni parte e trascinarlo in una folle corsa che lo fece precipitare in una grossa pozzanghera. L’aquilone sentì la carta rammollirsi e disfarsi lentamente e pensò: è la fine! Ma improvvisamente si sentì sollevato delicatamente da una mano familiare. Il piccolo uomo lo asciugò pazientemente, sistemò l’esile scheletro e lo legò di nuovo con quel piccolo filo. L’aquilone tornò a volare e danzare nel vento, e quel filo sottile non gli sembrò più una catena crudele ma un rifugio sicuro contro le avversità.

4. Il giovane rampollo di una famiglia agiata era arrivato alla vigilia della laurea. Tra i parenti e i conoscenti c’era l’abitudine, da parte dei genitori, di regalare un’automobile al neolaureato. Il giovane e il padre visitarono perciò i migliori autosaloni della città e alla fine trovarono l’auto perfetta. Il giovane era sicuro di trovarla scintillante e con il serbatoio pieno, davanti alla porta di casa il giorno della sospirata laurea. Enorme fu la sua delusione, quando, il giorno fatidico, il padre gli venne incontro sorridendo, ma… con un libro in mano. Una Bibbia. Il giovane scagliò via rabbiosamente il libro e da quel giorno non rivolse più la parola al padre. Dopo qualche mese trovò lavoro in una città lontana. Lo portò a casa la notizia della morte del padre. La notte del funerale, mentre rovistava tra le carte della scrivania del padre trovò la Bibbia che il padre gli aveva regalato. In preda ad un vago rimorso, soffiò via la polvere che si era posata sulla copertina del libro e lo aprì. Scoprì tra le pagine un assegno, datato il giorno della sua laurea e con l’importo esatto dell’automobile che aveva scelto.  Un libro sigillato, inutile e polveroso per molti. Eppure tra la sue pagine è celato ciò che da sempre desideriamo.

Da: “Annunziatine.it”

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