Una testimonianza di don Gabriele Amorth su Antonietta Guadalupi
Ho conosciuto a fondo Antonietta Guadalupi sin da quando frequentava il liceo classico. Ricordo soprattutto la sua fede, che la fece rimanere forte di fronte alle dure condizioni in cui si trovava. Rimasta orfana di entrambi i genitori, viveva con l’unico fratello con il quale c’era piena armonia.
La incontravo ogni qualvolta andavo a Bari o a Brindisi e, naturalmente ai Corsi di Esercizi: ogni volta rimanevo ammirato della sua serenità. Era ben decisa a vivere per il Signore; non ricordo che abbia mai avuto tentennamenti in proposito. Qualche volta la prendevo in giro perché era una bella ragazza, ma di questo non le importava proprio niente. Abbiamo più volte discusso sul suo avvenire. Non c’era dubbio che il problema di doversi mantenere economicamente la spingeva a trovarsi un lavoro al più presto e che le permettesse anche di studiare. Ricordo che le prospettai la possibilità di fare l’infermiera. Ancora oggi in Italia di medici disoccupati ce ne sono molti, di infermieri nessuno.
I nostri contatti si diradarono quando lasciai le Annunziatine perché chiamato ad altro incarico, e quando Antonietta si stabilì a Milano, ma non mancava di tenermi informato sulle sue cose, scrivendomi. Sapevo bene dell’amore che metteva nella sua attività, e come ne riceveva ampi riconoscimenti dalle persone malate. Per lei quella di infermiera non era una professione, ma una missione. Alla sua morte precoce, furono molte le prove d’affetto e di riconoscenza che ebbe dalle persone.
Don Gabriele Amorth