I Papi nella vita di don Alberione

Un rapporto d’amore e fecondità apostolica

Aprile 04, 2013 00:00  JOSÉ ANTONIO PÉREZ                                                                 

Tra le note caratteristiche del beato Giacomo Alberione, quella dell’adesione alle  di­rettive della Chiesa e del Papa occupa senz’altro uno dei primi posti. Una adesione da cui scaturisce un rapporto particolare che ha segnato sempre la vita e la missione del Fondatore, ma anche della sua Famiglia religiosa.

Per noi credenti, il confronto tra le varie figure dei Papi non ha senso, dal momento che siamo convinti della presenza dello Spirito di Dio che guida la sua Chiesa, e le da sempre la persona idonea per rispondere alle sfide di ogni momento storico concreto. È fuori dubbio che di recente la presenza di Papa Francesco a capo della Chiesa cattolica occupa un posto particolare nei giornali anche laici di tutto il mondo. Si potrebbe dire che parlare del Papa in questo momento è di moda.

Accondiscendiamo a questa “moda” nella commemorazione del 129 anniversario della nascita del beato Giacomo Alberione, evocando i suoi rapporti particolari con i diversi Papi della sua vita, quasi sempre significativi, caratterizzati dalla grande venerazione del Fondatore verso il Papa, e la presenza benefica del Papa nella persona e nell’opera del Fondatore. Nel 1953 scrisse Don Alberione: “Il Papa è il gran faro acceso da Gesù all’umanità per ogni secolo. I primi membri facevano un quarto voto, ‘obbedienza al Papa quanto all’apostolato’, messo a servizio del vicario di Gesù Cristo”. Da notare che questo quarto voto, per volontà di Don Alberione è stato poi ricuperato e nella’attualità viene emesso da tutti i membri della Società San Paolo.

Da parte sua Don Alberione attinse sempre abbondantemente dagli insegnamenti pontifici gli stimoli per la spiritualità e l’apostolato paolini, ed ebbe la gioia di essere ammesso abbastanza so­vente alle udienze dei Pontefici. Nel suo “Testamento”, lasciato a tutta la Famiglia Paolina, scrisse: “Sento la gravità, innanzi a Dio ed agli uomini, della missione affidatami dal Signore… Siamo fondati su la Chiesa ed il Vicario di Gesù Cristo e questa convinzione ispira sicurezza, letizia, coraggio”.

Un solo cuore verso i papi

Leone XIII (1878-1903). Ancora studente, come egli stesso avrebbe scritto nel 1953 nei suoi appunti “autobiografici” (Abundantes divitiae gratiae suae), il giovane Alberione ne aveva ca­pito le preoccupazioni circa le questioni sociali, la libertà religiosa, l’impo­stazione cristocentrica, l’apertura a nuove forme di apostolato. Tutte caratteristiche che hanno segnato fortemente la spiritualità e la missione del carisma paolino e le sue varie manifestazioni apostoliche.

Pio X (1903-1914). Nei suddetti appunti si leg­ge: “Pio X appariva e si presentava in una luce affascinante: il nuovo Gesù Cristo visibile tra le moltitudini”. Mentre su un ritaglio scriveva: “A Leone XIII ideale costruttore era succeduto il pontefice della pratica”. Queste osserva­zioni testimoniano l’affetto ed anche il lavorio mentale con cui don Alberione si accostava a quelle figure di pontefici del periodo della sua formazione.

Pio XI (1922-1939). Volendo superare le numerose difficoltà burocratiche per ottenere l’approvazione della sua fondazione, Don Alberione presentò direttamente al Papa il suo progetto. Il primo maggio del 1923, scrivendo a Pio XI, diceva il Fondatore: “La nostra umilissima preghiera è questa: di venire corretti, guidati, approvati; la nostra gioia è quella di vivere attaccati a voi, Santo Padre, di ob­bedirvi in tutto, di essere intimamente vostri, fino all’ultimo respiro”. Ed è stato appunto questo Papa a sbloccare la situazione e aprire la porta all’approvazione della Società San Paolo e più avanti quella delle Figlie di San Paolo, con la risposta: “Noi vogliamo una Congregazione religiosa per la buona stampa”.

Pio XII (1939-1958). Ottenuto il Decretum laudis della Santa Sede, il 10 maggio 1941 Don Alberione scrisse: “Se la Chiesa ci ha accolti e approvati, noi avremo uno speciale amore ad essa e al Papa”. E il 12 luglio 1941, insieme con il suo Vicario generale, il beato Timoteo Giaccardo, andò a ringraziare il Papa. Dopo l’udienza scriveva: “Io non so se l’amabilità del Divin Maestro si possa meglio ricopiare da un uomo, tanto il santo Padre mi parve immedesimato in Gesù Cristo”. In occasione delle nozze d’oro sacerdotali di don Alberione, Pio XII, il 20 giugno 1957, gli mandò una lettera di riconoscenza per il suo servizio alla Chiesa.

Giovanni XXIII (1958-1963). “È il grande dono del Signore alla Chiesa. È il pontefice voluto dalla Provvidenza per i tempi e le necessità attuali… A lui, vicario di Cristo, ci inchiniamo come a colui che egli rappresenta e di cui fa le veci in terra… A lui come paolini protestiamo filiale assecondamento per ogni desiderio”, scrisse Don Alberione. Il 19 ottobre 1961, don Alberione ricevette una lettera apostolica di papa Giovanni XXIII con la quale il Pontefice ricordava il 25° anno del trasferi­mento da Alba a Roma della Società Biblica Cattolica Internazionale. Il 19 febbraio 1963 ancora Papa Giovanni mandò a don Alberione un suo Breve col quale elevava a Unione Primaria la Pia Unione “Preghiera, soffe­renza e carità per tutte le vocazioni”.

Paolo VI (1963-1978). Questo pontefice conosceva a fondo lo spirito e l’at­tività della Famiglia Paolina e “venerò” il suo Fondatore. Ma altrettanta fu la venerazione di don Alberione per Paolo VI, il Papa del Concilio. Il 10 aprile 1964 don Alberione fu ricevuto in privata udienza da Paolo VI, e il 28 giugno 1969, durante il II Capitolo Generale della Società San Paolo, in una com­movente udienza speciale concessa alla Famiglia Paolina, gli con­ferì la croce “Pro Ecclesia et Pontifìce”. In quell’occasione Paolo VI ne tracciò un profilo sintetico e stupendo, nel quale, tra l’altro disse: “Eccolo: umile, silenzioso, instancabile, sempre vigile, sempre raccolto nei suoi pensieri, che corrono dalla preghiera all’opera, sempre intento a scrutare i ‘segni dei tempi’, cioè le più geniali forme di arrivare alle anime… Il nostro Don Alberione ha dato alla Chiesa nuovi strumenti per esprimersi, nuovi mezzi per dare vigore e ampiezza al suo apostolato, nuova capacità e nuova coscienza della validità e delle possibilità della sua missione nel mondo moderno e con i mezzi moderni”. Il 26 novembre 1971, infine, Paolo VI visitò don Alberione un’ora prima della sua morte nella Casa generalizia a Roma. Era il sigillo d’oro dell’intenso, lungo e benefico rapporto tra il successore di Pietro e il beato Giacomo Alberione.

Oggi, come ieri, la Società San Paolo e tutta la Famiglia Paolina esercita la sua missione in intima comunione con il Papa, collaborando e apoggiando, con le sue diverse forme di apostolato, le iniziative e gli orientamenti del santo Padre a favore della Chiesa, tenendo presente quello, secondo l’ispirazione del beato Giacomo Alberione, siamo a servizio della parrocchia del Papa, perché “la nostra parrocchia è il mondo”.

*Il padre José Antonio Pérez è il Postulatore Generale della Famiglia Paolina

da: Zenit – Chiesa e Religione