La Delegata

 

Il servizio della Delegata

IL SERVIZIO DI CHI E’ DELEGATA – Don Gabriele Amorth

Questa volta non pubblichiamo il NOTIZIARIO, in attesa di pubblicarlo il mese prossimo, quando saranno terminati i corsi di esercizi estivi. Desidero invece che tutte riflettiate bene su queste considerazioni, che ho proposto alle Delegate, riunite a Galloro. In tutti i Gruppi, il prossimo novembre, si dovrà procedere alle elezioni delle Delegate. Ma indipendentemente da questo particolare momento, è necessario che tutte riflettano bene, e non una volta sola, su queste, considerazioni, che sono essenziali, per, il buon funzionamento dell’Istituto, e perché ciascuna raggiunga quel fine che si è proposta accettando di farvi parte.

(Circolare Settembre 1970)

Parlare dell’incarico di Delegata, è un argomento che interessa tutte, per cui ne tratteremo anche sulla circolare. E’ un fatto: più andiamo avanti e sempre più vediamo che; l’incarico di Delegata cresce d’importanza, perché è soprattutto la Delegata a rappresentare l’autorità nell’Istituto, con tutte le funzioni che ne derivano.
Che cosa vuole il Signore da una Delegata? Di che cosa è preoccupato nei vostri riguardi? E voi, di che cosa dovete essere preoccupate per corrispondere alle attese di Dio? Un giorno, tanti anni fa, il Primo Maestro disse questo: « Ho un’unica preoccupazione: che io non sono abbastanza santo, e che voi non siete abbastanza santi ». Forse avete in mente ancora quel disco che sentimmo agli esercizi dello scorso anno; riportava delle frasi di Léon Bloy, tra cui quella sua famosa espressione: « Non esiste al mondo che una sola tristezza, quella di non essere santi ».
Perché? Perché questa è la volontà di Dio. Egli ci vuole tutti santi, e santi come il Padre. Ci ha creati per questo. Ha su di noi questo immenso ideale, che ognuno deve attuare nel suo stato: di consacrato, di sposato, di celibe. Sappiamo anche che la santità si attua con la continua disponibilità alla volontà di Dio. Per una delegata, la santità è fare la volontà di Dio e aiutare le altre a compierla; essa deve avere la preoccupazione di corrispondere a questa volontà e la preoccupazione che anche le altre Vi corrispondano.
L’autorità viene oggi definita così, nella vita di consacrazione: chi è mediatore della volontà di Dio, ossia chi è mediatore della santità. C’è bisogno di mediatori per questo? Sì, nel senso di aiuto, di servizio. Oggi si è contrari al vecchio linguaggio tradizionale: superiori e sudditi. E’ una terminologia che rifiutiamo, perché non esistono dei superiori, ossia di quelli che stanno sopra gli altri e li comandano, e di quelli che stanno in basso ed ubbidiscono. Esistono solo dei fratelli che si aiutano. Il Vangelo parla chiaro: Uno solo è il Padre, Uno solo è il Maestro; Voi siete tutti fratelli. Però, per l’ordine che è necessario ad ogni comunità affinché raggiunga il suo fine, tra questi fratelli si suddividono i vari compiti, i vari servizi. Anche l’esercizio dell’autorità è un servizio. Il 17 giugno scorso, Paolo VI ci ricordava che uno dei caposaldi del Concilio Ecumenico è proprio questo: vedere l’autorità come un servizio. Un servizio necessario; un servizio che è una particolare imitazione di Cristo:
« Io sono in mezzo a voi come uno che vi serve ». Un servizio che è tanto diverso da quello prestato dalle autorità umane che, pur trattandosi sempre di un servizio necessario, ne ricevono anche una preminenza sugli altri. Mentre invece Gesù dice ai suoi: « Tra vai non deve essere così ». La autorità in campo religioso è tutta un’altra cosa che nel campo civile. E il S. Padre, in quel discorso che ho citato, ci dice ancora delle parale molto importanti. Ci dice che, secondo la tradizione ecclesiastica (particolarmente S. Agostino e S. Gregorio Magno), il ministero è sempre stato visto come un servizio. Un servizio fatto per amore; fatto ad utilità degli altri; fatto con sacrificio di sé. Notatele bene queste tre caratteristiche. Il movente è l’amore, l’amore a Gesù che ci chiede di occuparci della sua famiglia. Lo scopo è l’utilità spirituale degli altri, perché è un servizio diretto alla loro santificazione. E il prezzo è il sacrificio di sé stessi. Il fatto che l’esercizio dell’autorità sia un servizio, non esclude che conferisca anche un potere di comando. Il Vangelo è chiaro anche qui: « Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me ».
Ma prima di tutto è un impegno al sacrificio di sé. Pensate a S. Pietro, a S. Paolo, agli Apostoli, come hanno dovuto lasciare tutto, sacrificare tutto, per rendersi disponibili a questo servizio. Ciò non toglie che abbiano anche usato un potere di comando, purché diamo a questa espressione un senso particolare. Perché è un servizio rivolto alla santità delle persone a cui ci si dedica; e non esiste niente che, per sua natura, esiga tanto esercizio della piena libertà individuale, quanto l’impegno della santificazione.
Aggiungiamo, sempre facendoci eco delle parole del Papa, che è un servizio necessario nella Chiesa, necessario nell’Istituto, necessario a tutti i membri. Per cui occorre non rifiutarla, non tirarsi indietro, se il Signore ce lo chiede attraverso le vie normali. Possono essere vie dall’alta: la nomina dei superiori. Possono essere vie democratiche: le varie forme di elezione. Tutto è mezzo nelle mani di Dio.
E in che cosa consiste questo servizio? Non si tratta di amministrare bene economici o di organizzare attività come potrebbero fare i direttori d’azienda o gl’industriali. Si tratta di aiutare gli altri a santificarsi utilizzando bene i mezzi che l’Istituto offre. Ciò vuol dire che, chi ha l’iincarico di aiutare gli altri a farsi santi, deve prima di tutto santificare se stesso. Infatti così ci insegna il Divin Maestro: « Per loro santifico me stesso »; « Incominciò a fare e ad insegnare ». L’esempio precede sempre l’insegnamento.
Qual’è l’origine del vostro incarico di Delegate? E’ l’appartenenza all’Istituto, è la Professione a darvi nella possibilità di essere Delegate o almeno nella necessità di vivere sotto la guida di una Delegata e dei responsabili dell’Istituto. Se non esistesse la Professione che, oltre ai voti, è impegno di fedeltà all’ Istituto, non esisterebbe l’incarico di Delegata. Possiamo quindi dire con certezza che l’origine dei vari servizi che ci sono nell’Istituto, sia da parte di chi li esercita sia da parte delle persone verso cui vengono esercitati, è la Professione. E poiché è una Professione alla santità, alla conversione continua, attraverso la scelta dei consigli evangelici, possiamo pure concludere che alla radice dell’incarico di Delegata c’è il desiderio della perfetta imitazione di Cristo. Vedete che la necessità delle Delegate e degli altri incarichi di servizio, coincide con i fini stessi per cui l’Istituto esiste.
Se è un servizio che nasce dall’impegno alla santità, giurato per mezzo dei voti, che cosa deve fare una Delegata? Di che casa deve preoccuparsi? Deve preoccuparsi della santificazione sua e delle altre; deve preoccuparsi della virtù, del fervore, della vera carità. E questo con l’esempio, con l’incoraggiamento, con le iniziative che le regole stesse dell’Istituto le danno occasione di attuare. C’è un rapporto personale tra la Delegata ed ogni membro del suo Gruppo; la Delegata è corresponsabile della santificazione di ognuna. Pensateci: io sono corresponsabile della santificazione di ogni membro del mio Gruppo. E’ un aiuto fraterno, in clima di famiglia. Alcuni Istituti chiamano le Delegate: sorelle maggiori. Sta a significare che è una come le altre, ma che ha l’impegno di interessarsi di ciascuna, di conoscere ciascuna, per aiutarla a vivere pienamente la sua vocazione, Provatevi a fare un esame anche su questo: fino a che punto conosco ogni membro del mio Gruppo? Fino a che punto me ne interesso? So essere di valido aiuto a tutte? Certa, non deve essere un aiuto imposto, ma estremamente discreto. Se no sareste non più le Delegate del Gruppo, ma le suocere…

La santità è il fine supremo di ogni autorità nell’Istituto; ogni incarico è un servizio diretto a questo scopo, perciò ogni vostro atto deve esprimere questo impegno. Certamente non è un incarico onorifico. Oggi si osserva che l’autorità viene scansata, specie in campo ecclesiastico. Due giorni or sono, Mons. Mingo ci parlava di un certo Vescovo che, quando un Sacerdote gliene combinava delle grosse, gli diceva: Ti potessero fare Vescovo! Come massima punizione… Oggi l’autorità è sentita come un peso tremendo, anche perché la si è troppo esautorata: riceve critiche da tutti e non può fare osservazioni a nessuno.
Non che questo fatto sia una novità del nostro tempo. State a sentire: « Oggi i giovani disprezzano l’autorità e non hanno rispetto per le persone anziane. I figli contraddicano i genitori e tiranneggiano i loro insegnanti ». Chi scrive non è un giornalista moderno, ma è Socrate, 2400 anni fa…
Penso però anche un’altra cosa: se ogni incarico d’autorità è così rifuggito, in campo religioso, è anche perché non si pensa al suo fine: essere mediatori della volontà di Dio, essere a servizio degli altri per aiutarli a compiere tale divina volontà. E’ questo che le altre debbano volere da voi, non altre cose: come essere coccolate, trovare un surrogato ai vuoti di sentimento o di tempo, ecc. Forse è perché il nostro Istituto è ancora così giovane che molti membri non hanno ancora capito cos’è la Delegata. Nei Convegni di zona, abbiamo trattato un punto, su cui ho dato una breve relazione nella circolare di Luglio-Agosto: « In che modo l’Istituto è per me un mezzo di crescita personale ». Nessuna si è ricordata di rilevare l’aiuto avuto dalla Delegata; due gruppi hanno invece notato la scarsa disponibilità delle Delegate. E’ un segno che se ne sente il bisogno; vedremo in altra sede il valore di queste critiche, che sarebbe ingiusto e falso ritenere come giudizio complessivo sul vostro lavoro, mentre solo vogliono rilevare i crescenti bisogni dei Gruppi.
Certamente all’incarico di mediatrici della volontà di Dio, di aiutanti per conoscerla, amarla, desiderarla, a questo servizio che è un grande arricchimento (prima di tutto per la Delegata stessa), ci si allena insieme, poco per volta. Perché la ricerca della volontà di Dio è frutta di collaborazione, di dialogo, di esperienza. E voi avete compiuto il vostro ufficio nei tempi eroici dell’inizio dell’Istituto, quando tutto era una novità, per voi e per le altre.

S. Teresa D’Avila ci dà un avvertimento che vi metto davanti perché ci riflettiate a lungo, voi e tutte le altre. Ci dice di averlo avuta dal Signore nel corso di un’altissima contemplazione; e sapete che S. Teresa di queste cose se ne intendeva! Ecco l’importantissimo avvertimento: « Che i superiori vadano d’accordo ». Noi vediamo quanto ciò è importante, in tutti gli Istituti. Direi anche in tutte le famiglie: l’ accordo tra i genitori è fondamentale per la formazione dei figli. Se tra le Delegate, se tra le varie autorità, c’è vero affiatamento, un Istituto funziona bene; in caso contrario va in rovina. E’ un fatto che costatiamo ogni giorno. Per cui siate ben certe che il buon funzionamento del nostro Istituto, affinché raggiunga il suo scopo di essere valido aiuto per la santificazione dei membri, dipende in gran parte dal vostro affiatamento, tra di voi e con noi.
Per giungere a questa armonia è necessario che ci incontriamo più spesso. Studieremo nelle conversazioni seguenti quali sono le pratiche possibilità di maggiori incontri, anche solo tra le varie Delegate di Gruppo di una stessa zona, o tra le Delegate di zona con noi.
Ed è necessario aumentare gl’incontri con i membri. Per aiutare alla santità, occorre conoscere bene ciascuna e trattarla conforme alla sua indole. Ciò suppono nella Delegata grande disponibilità, padronanza di sé, rispetto della personalità degli altri, delicatezza nel saper discernere come è meglio fare, segretezza per tutto ciò che viene confidato… Ogni persona a cui ci si dedica deve essere oggetto di preghiera, osservazione, studio, riflessione; di tutto quell’interessamento che l’amore e il grande compito suggeriscono.
Di fronte a questi impegni ci si sente tutti piccoli, impotenti. Ci sarebbe propria da dire: Signore, scegliti un’altra. Ma questo è il ragionamento di chi è superbo; di chi guarda a sé e non all’onnipotenza della grazia.
Ognuna desidera essere conosciuta, amata dalle altre; ma pensa; prima di tutta, dalla Delegata. Il trovarsi bene nell’Istituto, la buana atmosfera di Gruppo, dipende in gran parte dalla comprensione, dall’amore, dall’entusiasmo della Delegata. Ve lo dico perché non sono qui presenti: se il Gruppo di Verona funziona con tanta soddisfazione dei membri, è una carica di gioia ad ogni incontro, credo che dipenda in gran parte dalla carica d’entusiasmo della Delegata e della Vicedelegata.
L’amore verso i membri della Delegata e di chiunque riveste un’autorità, deve essere una testimonianza dell’amore con cui Dio li predilige. Ognuna deve sentirsi così amata dalla Delegata da poter dire: Credo davvero che Iddio mi ama! Pensate: essere segni dell’amore di Dio! Solo un vero impegno di conoscere le altre, di donare interamente se stessi. (S. Paolo direbbe: spendersi e sopraspendersi) può impegnare sul serio anche le altre alla vita dell’Istituto, ossia alla loro santificazione. Vedete come identifico la vita dell’Istituto e l’impegno della propria santificazione; perché dopo la Professione non è possibile santificarsi altro che vivendo pienamente gli impegni assunti.
Per aiutarci in questo, occorre saper creare un rapporto di fiducia che non deriva dal fatto di essere investiti di una carica, ma che ci si deve saper guadagnare da sé, ci si deve saper meritare.

Per conoscere le persone bisogna anche avere la apertura di sapersi un po’ lasciar conoscere da loro. Ecco la disponibilità all’incontro, ad andare a cercare le altre, sentendo questo dovere di capirle e di farsi capire. Tutto ciò a servizio della santità. E’ il costante ritornello, di questa meditazione. Un incarico dato a servizio della santità vi impegna immensamente alla vostra santificazione individuale. Perché la vostra via per santificarvi comprende anche la preoccupazione che le altre si santifichino. Mettersi a disposizione per questo scopo è certamente il mezzo migliore per impegnare se stessi ad attuarlo. Dovete vedere l’Istituto come scuola di santità; e voi siete chiamate ad essere le maestre, con l’esempio e con l’insegnamento.
Non stancatevi di ripetere a voi stesse: Da me nulla posso, con Dio posso tutto. Se il Signore ci chiama a questo servizio non dobbiamo tirarci indietro, mascherando forse la nostra indolenza o la nostra vigliaccheria dietro una falsa umiltà. C’è solo da ringraziare Dio che quasi ci costringe, anche con questo incarico, a impegnarci davvero alla nostra santificazione. Ce ne dà l’occasione e insieme ce ne dà la grazia.
Più la vita dell’Istituto progredisce, più si vede l’importanza della Delegata. Voi avete avuto delle difficoltà particolarissime perché avete svolto un compito senza idee precise, senza direttive precise, senza avere degli esempi davanti a voi. Abbiamo agito con tanta fiducia in Dio, anche se con un pò di improvvisazione, come improvvisamente è nata la vita di Gruppo. Le Delegate che verranno dopo di voi potranno fare meglio di voi, proprio perché arricchite dalla vostra esperienza. E sarà prezioso il vostro aiuto, come sarà ancora preziosissimo il vostro Terzo Convegno Romano, di cui stampammo i risultati, sui compiti della Delegata.
E credo che l’importanza della Delegata di Gruppo crescerà sempre di più anche per altri motivi. Sto notando, nella vita religiosa, la tendenza a dare sempre più responsabilità ai singoli, e quindi sempre maggiore autonomia alle singole case. E’ un’autonomia di carattere amministrativo e apostolico, che pone però in maggior risalto l’importanza del superiore della casa. Ad esempio, ci sono dei gruppi di religiosi universitari che ricevono dal loro Ordine il presalario; con esso debbono provvedere alle spese di vitto, alloggio, studi, economie per dare in opere di carità… Tutto questo sotto la guida e la responsabilità del superiore della casa. Capite allora il suo ufficio: é l’amico e maestro che deve aiutare i singoli a valersi bene della loro libertà, ad agire con la libera responsabilità dei figli di Dio, e con un costante spirito di povertà evangelica non affidato a regole giuridiche, ma ad una solida virtù che stia alla base di ogni decisione. Certamente un superiore ha, in questo caso, importanza e responsabilità assai maggiore che quando esercita il suo incarico nella forma tradizionale canonica.
Vorrei concludere così: ringraziate Dio dell’incarico che vi ha affidato per questi anni. Pensate se avete capito a sufficienza il dono che Dio vi ha fatto, l’efficacia di tale dono per il bene vostro e delle altre. E siate pienamente disponibili a quello che il Signore vi chiederà: che siate o no chiamate a nuovi servizi, sentitevi sempre in prima linea, purché sia la carità di Cristo a stimolarvi.

D.Gabriele AMORTH