San Paolo vivo oggi

MISSIONE – NUOVA EVANGELIZZAZIONE   di ANGELO COLACRAI, SSP

SAN PAOLO VIVO OGGI

Nella Chiesa si parla, da qualche tempo, di “nuova evangelizzazione”. Il 21 settembre 2010 con lettera motu proprio “ubicumque et semper” Benedetto XVI° ha costituito il Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione. Il documento si apre affermando che “la Chiesa ha il dovere di annunciare sempre e dovunque il Vangelo di Gesù Cristo…” (Mt 28,19-20). 

Icona di San Paolo di scuola greca realizzata appositamente per le celebrazioni del Centenario della Famiglia Paolina.

La novità dell’evangelizzazione, missione ovunque e sempre, è connessa al tempo, secolarizzato, oggi caratterizzato da un disinteresse di molti battezzati, e per la società globalizzata, dal distacco totale Cristo, conducendo una vita come se Dio non esistesse. Nell’articolo 3 comma 4 del suo Statuto, tra i compiti propri del Pontificio Consiglio, si prescrive di “studiare e favorire l’utilizzo delle moderne forme di comunicazione, come strumenti per la nuova evangelizzazione”, ma indirettamente, alla “sacra mentalità”, dell’utilizzo della comunicazione digitale.
Parlare di novità non significa però l’obbligo di elaborare un’unica formula, o d’indicare, da parte del Papa, gli stessi mezzi per tutti. Ricordando la sua prima enciclica Benedetto XVI scrive: “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva” (n. 1).

Benedetto XVI riparte da Cristo

Abbraccio degli Apostoli Pietro e Paolo (Mosaico, Duomo di Monreale).

Il soggetto di evangelizzazione è perciò il Maestro, i discepoli sono solo suoi collaboratori, dipendenti a tempo pieno da chi li invia, apostoli con la loro personalità, oltre il denaro, il commercio, il profitto. La missione cristiana è grazia non negoziabile. Mi chiedo, allora, come potrebbe o dovrebbe, la Famiglia Paolina – un soggetto personale, plurale di comunione – protendersi più in avanti, verso la conquista del Regno dei cieli, condivisione della gloria del Maestro. E come camminare al passo con la storia, al ritmo del Papa (cfr. AD) e della Chiesa, per assumersi responsabilmente la sua missione specifica: la “nuova evangelizzazione”.
La novità, su cui si insiste, esige il coraggio di abbandonare forme e mezzi obsoleti e calcoli limitanti per pensare e progettare nuovo. Almeno tre cose mi vengono in mente da anni: a) l’essere famiglia, e quindi cellula staminale, viva e rigenerante dell’intero corpo di Cristo, nella Chiesa; b) l’essere Paolo oggi più vivo che ieri, per diventare Cristo Maestro; c) l’uso dei mezzi meno costosi ma più celeri ed anche più efficaci della comunicazione nuova, perché non clientelare, né propagandistica perché a senso unico ma interattiva, in collaborazione con il Papa – e con gli Istituti che ritrovano in san Paolo il loro apostolato e la loro spiritualità in fedeltà a quanto ha fatto profeticamente il beato Alberione, quale innovatore nei mezzi apostolici.
È essenziale ritrovarsi “casa-famiglia” per essere apostoli di oggi – e non di un passato tramontato. Prima del 1915, forse già nel 1912, Alberione percepiva la forza mediatrice e innovatrice della donna, come principale responsabile di umanità grazie alla sua femminilità: “La donna d’oggi deve formare l’uomo d’oggi: deve sovvenire ai bisogni dell’uomo d’oggi; deve servirsi dei mezzi d’oggi”
(DA, ed. del 1932, 38). Giovane docente nel seminario di Alba, Alberione sosteneva la tesi, azzardata, che la ri-evangelizzazione della Chiesa fosse possibile solo con un fare famiglia. Scrisse autorevolmente che: “il Sacerdote senza la donna perderebbe tre quarti della sua influenza nella società, la donna senza di lui la perderebbe tutta. Come tra Dio e l’uomo sta il Sacerdote, così tra il Sacerdote e l’uomo sta la donna, anello di congiunzione” (Ibid). Un linguaggio di “casa” per fare Chiesa.

Impersonare Paolo per essere Cristo

Nel settembre del 1954, anno in cui (già dal 3 gennaio) ebbero inizio, le prime trasmissioni televisive in Piemonte, Alberione incoraggiava i membri della sua famiglia a formularsi un ideale di vita e apostolato come un logo personale: “L’ideale è un chiaro, preciso e limpido punto di arrivo, capace di organizzare tutte le nostre facoltà spirituali, soprannaturali, fisiche; tutti i mezzi interni ed esterni per un fine nobile e santo. È un’idea fissa, ossessionante. Esempio: … “Vivere Paolo”; “Vivit in me Christus”… (il tema allora trattato era: Amerai il Signore con tutta la tua mente, 1954, SdM 1956, 37-38). Il logo è psicologicamente potente, efficace, perché breve e ripetibile ovunque e sempre e serve a rinnovarci, a rialzarci come Paolo caduto, chiamato dal Maestro Risorto. Il riferimento del 1954 a san Paolo, aveva già una sua storia, ma negli Anni 50, diventò l’ideale “avvampante” (Ibid) per la intera Famiglia.
Nel 1955 Alberione esponeva come “tutto è venuto dall’Eucaristia, la vita della Famiglia Paolina; ma fu trasmessa da san Paolo. Dall’Eucaristia perché Gesù è la vita, ma l’Ostia santa per entrare nei nostri cuori ha bisogno di essere portata. Ed è stato san Paolo che ha compiuto quest’opera di comunicare la vita di Gesù Cristo. È il nostro padre san Paolo: … “in Christo Jesu per Evangelium ego vos genui”. Tutto è suo. L’Istituto è stato ispirato da lui… I figli hanno la vita del Padre: vivere perciò come lui. La Famiglia Paolina, composta di molti membri, deve essere Paolo oggi vivente, in un corpo sociale. La Famiglia Paolina è suscitata da san Paolo per continuare la sua opera; è san Paolo, vivo, ma che oggi è composto di tanti membri” (Parole pronunciate in occasione del Quarantennio di fondazione dell’Istituto Figlie di san Paolo, Pr SP 291). Già dal 1941, e anche da molto prima, Alberione esortava la sua Famiglia ad una organizione di orari, attività, iniziative fatte “come le farebbe san Paolo adesso, come se vivesse oggi”.

Moltiplicare la Parola con i mezzi attuali

Se san Paolo fosse venuto adesso a Roma, non avrebbe fatto il cammino a piedi, diceva. “Avrebbe preso un aereo per arrivare più presto e predicare più a lungo, aver più tempo, per quanto stava da lui” (Pr A, 34). Anche nel 1955, san Paolo “adopererebbe i più alti pulpiti eretti dal progresso odierno: stampa, cinema, radio, televisione: i più grandi ritrovati della dottrina di amore e di salvezza: il Vangelo di Gesù Cristo” (In occasione del Quarantennio di fondazione dell’Istituto Figlie di san Paolo, Pr SP 291).
Già l’anno prima, nel 1954, Alberione rievocava, sinteticamente, i contenuti dell’evangelizzazione paolina e quindi di una missione che non deve mai diventare incolore, approssimativa o qualunquista. Infatti “corrisponde al secondo fine della Famiglia Paolina: predicazione della dottrina dogmatica, morale, liturgica di Gesù Cristo e della Chiesa con i mezzi moderni più celeri ed efficaci. Essa si propone di rappresentare e vivere san Paolo, oggi, pensando, zelando, pregando e santificandosi come farebbe san Paolo, se, oggi, vivesse. Se san Paolo vivesse, continuerebbe ad ardere di quella duplice fiamma, di un medesimo incendio, lo zelo per Dio ed il suo Cristo, e per gli uomini d’ogni paese. E per farsi sentire salirebbe sui pulpiti più elevati e moltiplicherebbe la sua parola con i mezzi del progresso attuale: stampa, cine, radio, televisione” (Mentalità paolina, ottobre 1954, testo riportato in Carissimi in san Paolo, 1971, 1151-1152).
Dunque per la Famiglia Paolina è possibile la “nuova evangelizzazione”, in una ritrovata fedeltà anzitutto a Gesù, crocifisso e risorto, Cristo e Signore della storia passata, presente e futura, secondo il vangelo di Paolo e secondo la profezia alberioniana che addita il Maestro Via Verità e Vita e non modalità tratte da libri di ascetica e mistica o da regole e mezzi d’altri tempi. Come fare oggi una “nuova evangelizzazione” del mondo restando famiglia, più che “società” o “istituti”? Ritornando a san Paolo. E che cosa egli farebbe oggi? “Adempirebbe i due grandi precetti come ha saputo adempierli. Amare Iddio con tutto il cuore, con tutte le forze, con tutta la mente; e amare il prossimo senza nulla risparmiarsi perché egli ha vissuto Cristo: Vivit vero in me Christus”.
Gli spazi? I luoghi della nuova evangelizzazione, almeno in Italia e in Europa, secondo Mons. Fisichella (La nuova evangelizzazione. Una sfida per uscire dall’indifferenza, Mondadori 2011, 71-74) potrebbero essere oltre la liturgia, la carità, l’ecumenismo, l’immigrazione, e (soprattutto) la comunicazione; senza trascurare la cultura, la scienza e quindi la tecnologia più avanzata. È necessario uscire da visioni troppo anguste e dilatare gli orizzonti dell’essere apostoli paolinamente, “acquistare un cuore largo, un cuore apostolico, il cuore di san Paolo. A quante Nazioni egli arrivò! L’organizzazione della Chiesa riflette ancora la sua organizzazione delle Chiese nelle varie Nazioni” (7 dicembre 1954, in Pr 5, 1957, 161). I mezzi: la carità trasmessa con modalità nuove: “L’amore che non si rinnova ogni giorno e ogni notte diventa abitudine e lentamente si trasforma in schiavitù”, cita un semplice messaggio twitter, di 140 caratteri. Tra i cinquecento milioni di persone che ogni giorno tweettano tra loro, c’è, da qualche tempo, anche il Card. Gianfranco Ravasi, conosciuto e apprezzato nella nostra famiglia. La citazione, dal cristiano maronita Khalil Gibran (n. il 6 gennaio 1883, un anno prima di Alberione) è uno dei suoi più recenti tweet, insieme con passi dei Vangeli, frasi di Sciascia e John Lennon, Gesualdo Bufalino e Goethe, versetti del Libro di Siracide e delle Lettere ai Corinzi. Ritornando al Papa – per camminare con lui e la Chiesa – solo una nuova evangelizzazione “può assicurare la crescita di una fede limpida e profonda, capace di autentica libertà”, sempre e ovunque, e per unire tutte le nazioni della terra nel nuovo Adamo.

Angelo Colacrai, ssp

Cooperatore Paolino  n. 3 maggio-giugno 2012

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